Stanley Matthews, l’highlander del calcio che giocò per 33 anni

matthews1Valeria Straneo ha conquistato oggi una medaglia d’argento nella maratona femminile dei campionati mondiali di atletica di Mosca 2013.

Si tratta di un grandissimo risultato, tanto più perché la stessa Straneo ha 37 anni e per molti anni è stata una dilettante o poco più.

Questa storia mi offre lo spunto per una serie di domande.

Quando durano i calciatori? Sì è soliti dire che la maturità è tra i 25-30 anni.

Ma è sempre stato così?
Adesso è così?

Certo, se si guarda a Totti, Del Piero e Zanetti, la lancetta andrebbe spostata un po’; se viceversa si dà una occhiata alle prestazioni over 30 anni dei campioni del mondo 1982 allora la forbice di prima sembra avere un senso, dal momento che Scirea, Tardelli, Rossi, Antognoni, Collovati, Cabrini e altri, passati anche di poco i 30 finirono perlopiù in panca o sbolognati a squadre senza troppe pretese.

Ma c’è una eccezione: Stanley Matthews, primo pallone d’oro nel 1956. La prima volta che lessi questo nome lo ricordo ancora. Nel 1986 comprai il Diario di Maradona, e i lì il fuoriclasse argentino veniva accostato a grandi del passato quali l’uruguagio Andrade, il magiaro Puskas, il francese Kopa, l’inglese Matthews.  Ovviamente, ai tempi, non ne conoscevo nessuno. 

Poi cominciai a interessarmi, in modo matto e disperatissimo, di calco e venni a conoscenza che la  partita Italia-Inghilterra 0-4 di Torino del ’48, quella che di fatto chiuse la carriera di ct di Vittorio Pozzo, è ricordata per il gran gol di Stanley Mortensen realizzato dalla linea di fondo. Gran gol quello, ma grande anche la prestazione di un altro Stanley: Matthews, descritto come un virtuoso del dribbling, mai fine a se stesso però, essendo anche un distributore automatico di assist e cross.

Era un’ala vecchia maniera, di quelle che scappavano sul fondo creando la superiorità numerica e servendo dei balocchi con su scritto “ spingere”: questo era Matthews. stanley-matthews2

Un Matthews era in campo anche nella mitica sfida di Highbury Park nella quale l’Italia campione del mondo ’34 sfidò a singolar tenzone i “maestri” inglesi.
In quella sfida i cattedratici del calcio andarono avanti 3-0, prima che una doppia invenzione di Meazza mitigasse in 3-2 il risultato.

Ed era lo stesso Matthews.

Ed era sempre lo stesso Matthews che nel ’56 vinse il primo Pallone d’Oro, che venne eletto calciatore dell’anno in Inghilterra nel’63 e che lasciò il calcio nel’65.

A onor del vero quel primo PdO (Pallone d’Oro) fu più un riconoscimento ad honorem che il giusto tributo al migliore europeo dell’anno. Mi piace, ed è bello pensarlo, che gli organizzatori vollero iniziare premiando la carriera di un fuoriclasse.

Una storia d’altri tempi per longevità e attaccamento ai colori; avrebbe potuto vincere molto di più della coppa D’Inghilterra del ’53, suo unico trofeo, se avesse giocato in complessi migliori. In quella finale con il Blackburn Mortensen fece 3 reti, ma ancora oggi quella partita viene ricordata come “the Matthews’ s final”  con Stanley che suonò la carica per la rimonta cantando e portando la croce. Matthew ha giocato per ben 33 anni sulla fascia destra, dribblando nuguli e generazioni di difensori, sempre con la solita finta, mai contrastata efficacemente, perché la fantasia non può essere ingabbiata; sempre lì ad assistere il centrattacco (centravanti) con quel suo gioco palla a terra in velocità, così preciso, così tecnico, così latino, così estraneo alla cultura calcistica British . Per i britannici  Matthews era un alieno.

Gli inglesi, e chi l’aveva visto giocare, si sentirono un po’ più vecchi, più poveri dentro quando sir Stanley si ritirò. A colpire in modo forte la fantasia è la sua straordinaria longevità, soprattutto se rapportata ai tempi! E’ pur vero che erano altri tempi, con altri ritmi ma nessun italiano suo coevo e andato oltre un decennio.

E’ nato calciatore in un calcio pionieristico e lo ha lasciato quando era un fenomeno di massa planetario. Sempre con la stessa identica finta…

Interrogato sul segreto della sua longevità  calcistica soleva  attribuirne  i meriti alla scrupolosa preparazione fisica che il padre ex-pugile gli aveva imposto in gioventù. Il culto per il lavoro e l’allenamento fu il suo segreto, un segreto di Pulcinella per la verità, ma terribilmente duro da applicare.

Tecnica fine e spirito di sacrificio per restare sulla breccia.

È  doveroso ricordare che Stanley era in campo anche nelle due storiche batoste rimediate contro L’Ungheria , l’arancsyapat, la squadra delle meraviglie. Nel primo caso, nel 3-6  di Wembley, si tratta della prima sconfitta inglese ad opera di una squadra del continente ( anche se c’era già stato un memorabile 1-5 subito dalla Scozia del fuoriclasse dell’Arsenal James). Venne violato, in un colpo solo, il suolo inglese e il tempio del calcio. E l’orgoglio.

La rivincita in terra magiara andò peggio: 1-7 !

Contro quella squadra meravigliosa a nulla valsero le magie di Matthews. Comunque mi sento di dire che quella volta, per meriti o honoris causa, i giurati del PdO premiarono la persona giusta: Sir Stanley Matthews, il fuoriclasse senza tempo.

L’insegnamento è che curando bene il proprio corpo si dura di più e meglio.

 

Hanno detto di lui

“L’uomo che ci ha insegnato come si dovrebbe giocare a calcio” (Pelè)

 

“Mi raccontò che per giocare prendeva solo venti sterline a settimana. Al giorno d’oggi varrebbe tutti i soldi della Banca d’Inghilterra” (Zola)

 

 

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